Provate a fare mente locale: quante volte una persona a voi vicina – un parente, un amico, una collega di lavoro – ha manifestato il desiderio scrivere un romanzo, o confessato che ne stava già scrivendo uno? Immagino che la risposta sia “Molto spesso”. Ora, invece, provate a ricordare quante di queste persone siano davvero giunte a voi con un libro in mano, non dico necessariamente pubblicato, ma almeno concluso, con la parola “fine” scritta in fondo all’ultima pagina. Scommetto che in questo caso la percentuale cala drasticamente, giusto?

Fermo restando che il suddetto libro concluso potrebbe essere tenuto nascosto in qualche cassetto per ennemila motivi personali dell’autore, la casistica di cui vi ho appena parlato non è affatto rara. Come mai?

La risposta è presto data: perché portare a termine un romanzo è molto meno facile di quanto possa sembrare. E perché la scrittura creativa è, ancora oggi, vestita spesso di suggestioni che poco hanno a che fare con la realtà. Se quindi anche voi avete il desiderio di dedicarvi alla scrittura creativa, e soprattutto alla narrativa lunga, ci sono alcune cosucce di cui dovreste essere consapevoli prima di cominciare a scrivere un romanzo…

1. Iniziare un romanzo è sempre (troppo) facile

Non vi farò i complimenti per aver iniziato a scrivere. Sia chiaro, è una cosa bellissima e sono davvero felice che abbiate deciso di dedicarvi a un progetto stimolante come la costruzione di un romanzo! Ma non vi farò comunque i complimenti all’inizio: semmai, ve li farò alla fine. Se ci arriverete.

Iniziare un romanzo non è mai stato un problema per nessuno: ci sono l’entusiasmo, lo slancio, il fuoco sacro dell’ispirazione letteraria a sospingerci sulle proprie ali. I primi giorni sono pervasi da una smania creatrice, ci sentiamo l’incarnazione contemporanea di Hemingway e mentre le mani volano sulla tastiera ci pregustiamo il riconoscimento del mondo, il Premio Strega, le recensioni sui giornali.

Questo fino a pagina 40. Al massimo fino alla 60. Poi comincia il dramma.

Ci si sente già in dirittura d’arrivo quindi si molla il colpo. Il fuoco sacro si attenua, ci si comincia a stufare, si intuisce che la cosa potrebbe andare per le lunghe e improvvisamente non ci pare più così allettante. La trama, che all’inizio ci pareva tanto geniale, ci si sfalda tra le mani. Non sappiamo più come fare a tirare avanti i nostri personaggi. La scrittura ristagna. Ci concediamo una pausa, poi due, poi “Eh vabbeh, mi schiarisco le idee e lascio tutto in stand by”. Ebbene, questo succede sempre. A tutti. È normale! L’importante è sapere che il tempo di bonaccia arriverà: fatevi trovare preparati, e non mollate il colpo anche se vorreste farlo.

2. Scrivere è romantico. Le prime due ore

La scrittura porta con sé tutta una serie di simboli, riti e feticci a cui nessuno scrittore o scrittrice alle prime armi (ma pure più rodato) è immune.

La macchina da scrivere. La parete piena zeppa di libri. Una finestra romantica su un paesaggio selvaggio, o su un giardino. Il taccuino scarabocchiato. L’abat-jour accesa su scrivanie ingombre. La scrittura frenetica nel cuore della notte o alle prime luci dell’alba. Continuo?

Chi si approccia alla scrittura lo fa quindi con questo bagaglio di romanticherie e suggestioni secondo cui scrivere sia un’azione affascinante, carica di pathos e poesia, con un’aura mistica condensata come un’aureola sulla testa dello scrivente per giorni e giorni. Ecco, in verità scrivere, di per sé, non è così speciale. In linea di massima significa stare seduti per ore a una scrivania (spesso scomoda) incastrata nell’angolo più sfigato della casa, osservando un foglio bianco sul monitor del pc con i pensieri che rimbalzano come palline da flipper su tutto a eccezione della vostra storia. Sarete intirizziti, affamati, indolenziti, con una grande voglia di andare a fare due passi e ben poco propensi a tornare a sedervi lì. L’idea dello scrivere è romantica, l’azione di per sé non lo è.

Siatene consapevoli. Il vostro romanzo potrà essere intenso e speciale anche se lo componete seduti a una scrivania Ikea, mentre vostro figlio è in DaD accanto a voi. E vi stupirebbe sapere quanta ordinarietà si nasconde nella vita di chi scrive, anche per lavoro.

3. Parola d’ordine: progettare!

Per scrivere serve l’ispirazione, siamo d’accordo. Nel senso che bisogna partire da qualcosa: un’idea, uno spunto, un profumo che ci ha disegnato in testa una storia, un luogo che ci è parso racchiudere un segreto…

Però una cosa ve la dico chiara e tonda: benissimo l’ispirazione, ma da sola non basta. Un libro non si scrive soltanto: si costruisce.

Un romanzo è un’architettura complessa e articolata di vite immaginarie, sì, ma realissime sulla carta, e qualcuno la deve pur progettare, questa architettura! Eh sì, tocca proprio a voi, autori e autrici. La progettazione vi supporterà quando verranno meno voglia, ispirazione e slancio. E vi permetterà di finire il romanzo.

Quindi, bando alle ciance: prima di sedervi a scrivere il vostro capolavoro, progettate la storia. Dove va la trama? Cosa succede? Chi sono i personaggi principali, quali i loro segreti e le loro inquietudini? Se non lo sapete voi…

4. Qualcuno quasi certamente ne ha già scritto

Nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma. Vale per la chimica, e vale anche per la narrativa. L’essere umano scrive da migliaia di anni: davvero vogliamo credere che il nostro “tema di cui nessuno ha mai parlato” sia così originale?

Beh, no. Non lo è. Nel senso che quasi certamente quel tema è stato già trattato, da qualcuno e in qualche modo diverso dal vostro. Ma ciò non significa che non possiate trattarlo anche voi.

A volte chi si avvicina alla scrittura di un romanzo cerca come prima cosa l’assoluta originalità, come se questo fosse l’unico reale prerequisito per un libro di valore. Infatti spesso escono trame assurde, campate per aria, senza né capo né coda. Bene, allora lasciate che vi dica una cosa. A rendere originale una storia non è solo il suo filo conduttore, ma un mix di fattori: il vostro sguardo sul tema, la scelta dei personaggi e del punto di vista, la voce del vostro testo, come sceglierete di raccontarlo o quali aspetti vorrete mettere in luce o tacere… Siete voi a rendere originale una storia. Non si smette di scrivere di amore solo perché ne è stato già scritto da tutti, o sbaglio?

5. Spegnete Radio SM!

Radio SM, ovvero Radio Seghe Mentali. Non l’ho inventata io, l’ho ripresa da una raccolta di lezioni sulla scrittura creativa a cura dell’autrice americana Anne Lamott. Era una definizione così calzante che l’ho subito adottata.

Radio SM è quella che vi bisbiglierà continuamente nell’orecchio, molesta, senza sosta. Vi dirà che non ce la farete mai, che vi conviene lasciar perdere. Vi ricorderà quanti libri compaiono ogni giorno in libreria e quanti finiscono poi dimenticati al Libraccio o in qualche bancarella. Sussurrerà dubbi, infilerà la sua lingua biforcuta nelle crepe della vostra insicurezza, vi farà presente che voi non siete certo J. K. Rowling, quindi che volete fare?

Non si sa come, Radio SM prende sempre. Persino più di Radio Maria.

Chiunque provi a scrivere deve fare i conti con la propria personalissima Radio Seghe Mentali. Mal comune mezzo gaudio, si dice, e ora vi do una notizia: non smetterà mai di gracchiare, però voi la potete spegnere. Potete abbassare il volume o farle il verso. Insomma dovrete conviverci, ma sta a voi scegliere se darle retta oppure no.