Mi chiamo Erica Balduzzi. Sono una freelance della scrittura, nel senso che da sempre lavoro con le parole e le storie: scrivendole, correggendole, sistemandole e potenziandole.

La dimensione del raccontare in tutte le sue forme mi ha definita fin da piccola: lettrice vorace e accanita, appassionata scrittrice di romanzi sconclusionati e di altrettante trame incompiute, consumatrice seriale di racconti di avventura, innamorata da sempre di mappe e atlanti… E poi, crescendo: giornalista, reporter, autrice, editor. Sempre, sempre, sempre con qualche storia tra le mani. Cibarsi di belle storie dovrebbe essere un obbligo civico. Prendersi cura di quelle degli altri, invece, è un grande privilegio.

Due parole su di me

Ho studiato lingue e letterature straniere all’università di Bergamo, dove ho appurato il mio amore per la letteratura angloamericana e scoperto la grandezza di quella russa. Poi ho proseguito con diritti umani e cooperazione internazionale, perché la vita nei libri – ne sono convinta tutt’ora – perde di senso se non è nutrita dalla vita che sta fuori, se non la si comprende o, almeno, se non si prova a farlo.

Nel frattempo, mi sono formata da freelance come reporter (cioè, raccontare storie vere), come autrice (cioè, raccontare storie inventate) e come editor e correttrice di bozze (cioè, potenziare le storie degli altri).

Strade diverse, un comune denominatore: il narrare.

Che altro dire della sottoscritta? Alcune cose random

  1. Sono esigente al limite della molestia per quanto riguarda ciò che leggo: se un libro non mi convince, se non regge la trama, se è scritto male, se i personaggi sono scialbi e noiosi… Un grande ciao e largo al prossimo (ne sanno qualcosa le mie bibliotecarie, visto che prenoto, prendo e riporto libri a giro continuo). Il mio lavoro con te, aspirante autore o autrice, è fare in modo che questo non succeda con il tuo, di libro.
  2. Ho una grande, colossale, viscerale passione per la narrativa lunga. Amo i romanzi, che ci posso fare. E no, il mio preferito da bambina non era “Piccole donne”. Non ho mai avuto un personaggio o un libro prediletto: ne ho sempre letti troppi. Ma pescavo volentieri dalla collana “Junior Gaia”, con quelle sue leziose copertine rosa che celavano alcune delle storie migliori che abbia mai letto (sono andata a risfogliarle, per capire se era suggestione infantile o cosa, e confermo quanto scritto poc’anzi). A dirla tutta leggevo – e leggo – tutto ciò che mi capitava per le mani.
  3. L’unica cosa che mi fa venire voglia di fare shopping compulsivo è la cartoleria. Nel dettaglio: i taccuini. La cosa si svolge più o meno così: “Ma ne hai già una decina, nuovi, a casa”. Risposta: “Eh vabbeh, tanto li uso prima o poi, no?”.
  4. Potrei andare avanti ore a sviscerare i motivi per cui questo o quel personaggio mi intrigano, a raccontare le loro inquietudini esistenziali e il perché o il percome delle loro vite. Insomma alcuni mi pare proprio di conoscerli, sono reali, vivi com’è vivo il signore del piano terra o la ragazza al bar di fiducia. Visto che leggo a casa, a sorbirsi tutti questi monologhi letterari è soprattutto il mio compagno, che purtroppo per lui non è appassionato di romanzi e ciononostante mi ascolta. Sant’uomo.
  5. Sono quel tipo di viaggiatrice che gira con grossi zaini e si esalta come una bimba per ogni parola nuova imparata nella lingua del posto. E visto che sono anche una buona forchetta, queste ultime hanno sempre a che fare con il cibo. In Grecia, che è un po’ il mio paese dell’anima, ho imparato prima “Nostimo!” (cioè delizioso) di “Efkaristò” (cioè grazie), per dire.
  6. Oltre a leggere e girovagare, meglio se a piedi, nel tempo libero mi destreggio tra la cucina (modalità Nonna Papera), l’orto sotto casa e le arti marziali (livello di pratica Kung Fu Panda, per ora). Tutte queste arti mi stanno insegnando la pazienza, dote su cui tendo a essere carente. Ci sto lavorando su, giuro.